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giovedì 31 gennaio 2013

SICILIA


La Sicilia dell’Italia è la regione più meridionale
e nel mare Mediterraneo ha un posto centrale
è una delle cinque regioni a statuto speciale
è la più vasta delle isole italiane per estensione
                                               il vulcano più alto d’Europa ha qui la sua collocazione;
Trinacria era uno degli antichi nomi di questa regione
perché una sua forma triangolare dalle mappe si evince
nove, sette sul mare e due all’interno, sono le province
ha un paesaggio pieno di splendidi contrasti che avvince.
La città di Augusta nell’isola di Sicilia la potete trovare
sulla costa orientale tra Catania e Siracusa è da collocare
ai tempi della Magna Grecia Mègara fu chiamata
e da Federico di Svevia Augusta fu denominata
la parte più antica di Augusta su un’isola è situata
e come Ortigia alla terraferma da un ponte è collegata.
Nel mondo ci sono varie città che “Augusta” sono denominate
alcune di queste spesso a un nome latino sono abbinate;
se lo desiderate, un viaggio virtuale con voi farò
e tutte le “Augusta” del mondo vi elencherò
ma partiamo da Augusta in Sicilia nelle cui splendide acque
Tomasi di Lampedusa immaginò che la sirena Lighea nacque.

DA DANIELA E DINTORNI.COM

domenica 27 gennaio 2013

MUSEO ARCHEOLOGICO DI CALTANISSETTA


Museo Archeologico
Caltanissetta, via Santo Spirito
Tel. +39 0934 25936

• Mappa del Museo
• Mappa ddi Caltanissetta
• Tour Virtuale del Museo

Aperto tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19.
Ingresso Lire 4000 (ingresso gratuito per i cittadini della Comunità Europea di età inferiore ai 18 anni e superiore ai 60 anni).

SERVIZI:
• Vietato l'uso del flash
La sede museale è una costruzione degli anni '60 realizzata in contiguità ad un edifiio del ventennio fascista creato per la "Casa della Gioventù Italiana". L'istituzione, prima qualificata come Museo Civico, dal 1993 è transitata alla Regione, che recentemente ha annesso l'edificio limitrofo degli anni '30 facendone la sede degli uffici della Sezione Archeologica della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali.
Il museo illustra la storia dei siti antichi del territorio urbano ed extraurbano di Caltanissetta e di altri centri del territorio della provincia, dalla preistoria all'età tardo antica. Tra i più importanti siti si segnalano Dessueri, nel territorio di Mazzarino, con i resti di un complesso abitativo risalente all'età del bronzo recente e finale (XI-X sec. a.C.) e con la sua necropoli, costituita da 3000 tombe a grotticella scavate nella montagna, seconda per vastità ed importanza solo a quella di Pantalica (Siracusa); Polizzello, presso Mussomeli, con i resti del villaggio indigeno e della necropoli (IX-VII sec. a.C.); i siti indigeni di Gibil GabibSabucina nel territorio di Caltanissetta, posti su alture a controllo del fiume Salso, una delle principali vie di penetrazione commerciale e militare dell'antichità, centri che furono ellenizzati da Gela per poi ricadere entrambi sotto il dominio di Agrigento, alla quale ultima è legata anche l'ellenizzazione del sito indigeno di Vassallaggi.
Le collezioni. Il nucleo più antico è costituito da un consistente numero di reperti recuperati negli anni Sessanta dall'Associazione Archeologica Nissena, e provenienti, per la maggior parte, dai siti di Pietrarossa, S. Giuliano, Palmintelli, Gibil Gabib, Vassallaggi, Sabucina.
Dal 1996 sono esposti nel Museo anche i materiali archeologici degli scavi condotti negli altri centri del territorio della provincia nissena, prima dalla Soprintendenza di Agrigento e dal 1992 in poi dalla Soprintendenza di Caltanissetta.
L'istituzione museale si qualifica come una delle più importanti a livello siciliano per la presenza di reperti di notevole interesse ai fini della conoscenza delle civiltà indigene.
Si segnalano infatti i reperti bronzei ma soprattutto quelli ceramici provenienti dagli insediamenti di Sabucina e di Dessueri. Ed ancora i reperti provenienti dal sito di Polizzello, fondamentali per la conoscenza delle culture indigene dell'età del ferro, la cui produzione artistica fu influenzata dalla tradizione egeo-micenea trasmessa dalle popolazioni migrate nell'isola già nel XV-XIV sec, a. C.
Il museo espone anche una parte delle collezioni archeologiche di Capodarso, un sito che pur ricadendo oggi nella provincia di Enna, è geograficamente e storicamente legato a questa parte del territorio della Sicilia, poiché insieme a Sabucina controllava la valle del fiume Salso (Imera meridionale).
L'ordinamento è nello stesso tempo cronologico e topografico e si articola in cinque grandi sale, nelle quali l'esposizione è sempre associata a ricco materiale didattico e didascalico.
da siciliaweb.it

tindari


TINDARI

Per chi arriva a Tindari da Est, il susseguirsi di colline digradanti che si gettano in mare formando capo Tindari sembra un grande drago placidamente addormentato con, posato sulla testa, il santuario, visibile fin da lontano. Ci si inerpica lungo la "schiena" godendo di begli scorci sul Golfo di Patti e sulle spiagge fino a Capo di Milazzo.
Il santuario, costruito recentemente, ospita una Vergine nera bizantina ed è meta di pellegrinaggi soprattutto in maggio, mese mariano, e 18 settembre. A picco sotto il santuario (visibili dalla terrazza antistante) si possono vedere i Laghetti di Marinello, piccoli specchi d'acqua che il mare crea insinuandosi nella baia sabbiosa, differenti ogni volta. La nascita di questi laghetti è legata alla leggenda di una bimba caduta dall'alto del capo a causa della madre miscredente (la donna non voleva "affidarsi" ad una Vergine nera) e miracolosamente salvata dall'improvviso ritirarsi delle acque impetuose che lasciarono il posto, per accoglierla ed attutire la caduta, ad una coltre di sabbia soffice. Nel 1982 uno dei laghetti assunse una forma simile ad una donna velata di profilo nella quale la gente ravvisò la Madonna del santuario.
I laghetti sono raggiungibili a piedi dalle spiagge di Oliveri.
LA CITTA' - GRECA
Posta in bella posizione, sulla sommità del capo omonimo, la colonia greca Tyndaris viene fondata dal tiranno di Siracusa Dionisio il Vecchio nel 396 a.C. per i profughi spartani alla fine della guerra del Peloponneso (404 a.C.). Il nome, forse pre-esistente, si riconduce ai Dioscuri, chiamati anche Tindaridi, ed al loro padre terreno Tindaro, eroe e re mitico di Sparta, sposo di Leda e padre anche di Elena, causa indiretta, vuole la leggenda, della guerra di Troia, narrata da Omero nell'Iliade, il legame tra la città ed i due gemelli (il cui padre divino è Zeus) è testimoniato dalla presenza di raffigurazioni su monete e mosaici.
In posizione dominante e naturalmente protetta, la nuova città è un punto strategico nel controllo del tratto di mare compreso tra le Eolie e Messina. L'imponente cinta muraria costruita dalla parte della terra non serve purtroppo
ad evitare la caduta in mano cartaginese. Passata in seguito sotto il dominio romano, la città conosce un periodo di grande prosperità durante il quale vengono costruiti o modificati molti edifici pubblici: scuole, mercati, stabilimenti termali ed il
teatro, di origine greca, ma modificato per assecondare le esigenze del nuovo pubblico.
Tindari va però incontro ad un periodo di decadenza che trova i punti salienti in una frana che fa precipitare parte della città e nella conquista musulmana del IX sec. D.C.
LA ZONA ARCHEOLOGICA
Le mura - Lungo la salita che conduce alla sommità di capo Tindari, si costeggiano a tratti le imponenti mura costruite al tempo di Dionisio e rafforzate e
sostituite in seguito da un doppio paramento di massi di pietra squadrata. La cinta
racchiudeva solo nei punti non difesi naturalmente la città, che aveva una pianta
regolare, con tre ampi decumani (le vie principali e parallele) e cardini perpendicolari. La conformazione del terreno, in salita, facilitava il sistema fognario che correva lungo queste strade secondarie, in pendenza, un piccolo Antiquarium, oltre l'ingresso agli scavi sulla sinistra, espone reperti rinvenuti durante gli scavi.
L'insula romana - Si tratta di un intero quartiere a sud del Decumano Superiore,
completo di terme, tabernae, abitazioni ed in particolare di una grande casa patrizia che conserva ancora, nei pavimenti di alcune stanze, resti di mosaici.
Basilica - E' un bell'edificio ad arcate i cui resti danno un'idea della grandezza originale. Anche se il nome lo designa come il luogo destinato alle assemblee, la sua vera funzione resta incerta: forse un monumentale propileo dell'agorà, lo spiazzo principale della città. Costruito con grandi massi squadrati di pietra arenaria, presentava, sul fronte, cinque archi. Quello centrale, più ampio,
costituiva l'accesso ad un passaggio coperto con volte a botte che fungeva da galleria sulla strada principale.
Il teatro - Raggiunto il Decumano Superiore, a sinistra. Si trova a monte del Decumano Superiore, probabilmente la via principale (sono venuti alla luce solo due decumani). Di origine greca (fine del IV sec. a.C.) fu costruito sfruttando la naturale conformazione del terreno con la cavea rivolta verso il mare e le Eolie. Venne trasformato in epoca imperiale per ospitare i combattimenti tra gladiatori.

da siciliaweb.it

domenica 20 gennaio 2013

MONTE CAMMARATA E MONTE GEMINI

Monte Cammarata e Monte Gemini



Cammarata (AG) è un paese agricolo che sorge su una pittoresca rupe alle pendici di Monte Cammarata. Ai piedi dell'altra cima del monte, chiamato anche Gemini, cioè gemello, sorge invece, il paese di San Giovanni Gemini.
Oltre a questi due paesini nel territorio della Riserva di Monte Cammarata si trova anche il centro abitato di Santo Stefano di Quisquina, noto perché ospita un santuario dedicato a Santa Rosalia, patrona di Palermo.
Immerso in un boschetto di querce, a 986 m. sul livello del mare, l'eremo fu costruito nella seconda metà del '700 addossato alla spelonca nella quale si era ritirata la Santa, figlia del signore di quelle terre, prima di trasferirsi sul Monte Pellegrino, a Palermo.
Dai tre comuni partono diversi percorsi che conducono a Monte Cammarata che con i suoi 1.578 metri d'altitudine rappresenta la vetta più alta dei Monti Sicani, sistema montuoso a cavallo tra le province di Agrigento e Palermo. Il monte si erge a ovest del centro abitato di Cammarata e nella sua area è stata istituita una riserva che comprende anche il Monte Gemini. La Riserva Naturale Orientata Monte Cammarata rappresenta la sintesi perfetta di storia, cultura, archeologia e biodiversità, racchiusi in uno scrigno di natura incontaminato, sul quale l'Ente gestore (l'Azienda Regionale Foreste Demaniali Ufficio Provinciale di Agrigento) è intervenuto con una serie di opere tendenti a recuperare ciò che l'azione antropica aveva turbato esaltandone il patrimonio ambientale.

L'aspetto più interessante dell'area è quello botanico. In cima al monte crescono infatti, la camomilla delle Madonie, il senecione siciliano, la bivonea gialla, la salvia argentea, il giaggiolo siciliano e il dente di leone. Dai prati rigogliosi spuntano fiori multicolori tra i quali diverse specie diorchidee.
Monte Cammarata è caratterizzato da un clima prevalentemente mediterraneo. La frequente piovosità estiva, la presenza di neve alle quote più alte in inverno, le gelate e le nevicate tardive influenzano alcune volte positivamente altre negativamente, lo sviluppo dei funghi, la cui zona è ricchissima e della vegetazione in generale.
In questi boschi si possono osservare diverse specie di uccelli tra cui spiccano per la bellezza delle forme e dei colori la civetta, il picchio rosso maggiore e il codirossone. Il picchio rosso maggiore nidifica in buchi scavati nei tronchi degli alberi. Usa il becco per perforare la corteccia alla ricerca degli insetti di cui si nutre in estate. Sino a qualche decennioMonte Cammarata era frequentato anche da gracchi corallinicapovaccai e grifoni, questi ultimi scomparsi nel 1950. Dominatori incontrastati sono i corvi imperiali, unici a rimanere anche durante il periodo di innevamento invernale. In questi cieli si librano la poiana e il gheppio mentre rare specie di falchi vi trovano il loro habitat ideale. Numerose sono anche le farfalle fra le quali ricordiamo il silvano azzurro e lavanessa multicolore.
La decisione di istituire la riserva è stato un modo per bloccare il degrado che negli ultimi 20 anni ha portato all'estinzione di diverse specie come il gracchio corallino, il capovaccaio e il nibbio reale.

Su Monte Cammarata sono state realizzate anche diverse aree attrezzate. In un bellissimo bosco di conifere impiantate intorno agli anni '50, nella zona di Demanio Ledera, è stata realizzata la grande area attrezzata di Savochello-Monte Cammarata, divenuta meta obbligatoria degli escursionisti che visitano questi luoghi. Per raggiungerla bisogna seguire la strada che da Santo Stefano di Quisquina porta a Cammarata. Giunti al demanio forestale denominato Ledera, si deve imboccare l'unica strada che conduce sulla cima del monte a 750 m. sul livello del mare. L'area è dotata anche di servizi igienici, punti di cottura, piste ciclabili e sentieri natura e può ospitare sino a 300 persone. Altra area attrezzata è quella di Buonanotte. Si trova sempre nella zona di Ledera, all'interno di un bosco di pini, frassini, roverelle, cipressi e ornielli ad un altitudine di 500 m. sul livello del mare. L'area è dotata di un 'centro-monta' per cavalli della razza 'Franches-Montagnes' e della razza 'Sanfratellana' utilizzati dal personale del Corpo Forestale della Regione Siciliana per servizi  in zone particolarmente accidentate.
Dotata di tavoli e panche in pietra locale, l'area attrezzata può ospitare sino a 200 persone. Si raggiunge partendo da Santo Stefano di Quisquina lungo la strada che conduce a Cammarata. A circa 6 km a sinistra si deve imboccare una strada asfaltata che si addentra nel bosco che dopo qualche km conduce all'area in questione. Si notano le prime panche ed i primi tavoli ben inseriti nel contesto ambientale e realizzati in legno o con la pietra locale, i servizi igienici, i punti cottura, il  parco giochi, ecc. Una passeggiata lungo i sentieri che si snodano sino alla cima del monte dalle diverse quote consente di ammirare la natura nella sua veste più bella.


DA WWW.GUIDASICILIA.IT

CATTEDRALE DI SAN GIOVANNI BATTISTA


. Giovanni, è noto però che ad un certo punto occupò il posto dell’antica Chiesa di S. Andrea Apostolo (costruita tra il 1130 ed il 1144)[2] nel quartiere detto dei “cosentini” a Ibla dove oggi si trova la chiesa di S. Agnese.  Inizialmente, la Parrocchia di S. Giovanni era alle dipendenze della parrocchia di S. Giorgio, mortificando il desiderio di autonomia dei parrocchiani di S. Giovanni, anche alla luce della crescita numerica e al rafforzamento economico della popolazione appartenente a questa parrocchia. Verso il 1600 l’antica chiesa venne abbattuta e, sotto l’influenza dell’antagonismo tra le fazioni dei Sangiorgiari e dei Sangiovannari, venne costruita una grande chiesa  a croce latina e tre navate, dedicata a S. Giovanni Battista e addirittura paragonata al Vaticano da  Leonardo Lauretta, vivente al tempo del terremoto del 1693 :
 “  …accresciuto poscia di fabbriche e di sito parea un miracolo dell’arte poiché simile al Vaticano di Roma con due ali, nave, tao d’altissima mole tutto incrostato di pietre sceltissime col tetto dorato e con quadri vagamente ripartiti al vivo rappresentanti il martirio del glorioso Precursore S. Giovanni Battista…”[3]
 Al di la delle esagerazioni del Lauretta l’antica chiesa di S. Giovanni Battista doveva essere bella e grandiosa se poteva gareggiare con l’antica chiesa di S. Giorgio e citata nella sua magnificenza da Rocco Pirri nella sua “Sicilia Sacra”. Nel 1620 grazie agli interessamenti di Di Vincenzo Laurifici, amico del cardinale Matteo Barberini a sua volta molto vicino a Papa Gregorio XV (1605-1621), la parrocchia di San Giovanni ottenne la separazione da quella di San Giorgio e venne  nominato parroco Don Ascenzio Guerrieri. La cosa non fu gradita dal parroco di S. Giorgio, Don G. Battista Bernadetto, che tanto fece fino a quando, nel 1626, nonostante la vicinanza di Don Ascenzio Guerrieri a Papa Urbano VII (1623-1644)[4], riuscì a fare riunificare le due parrocchie togliendo, dopo sei anni, l’autonomia alla parrocchia di San Giovanni.  
 Il terremoto del 1693 danneggiò gravemente la chiesa di San Giovani dando inizio alle vicende che portarono alla costruzione dell’attuale Cattedrale di S. Giovanni a Ragusa Superiore. Secondo la tradizione oltre ai danni del terremoto, l’antica Chiesa, subì il danno causato da vandali, forse interessate  a far cessare l’esistenza della chiesa a Ibla. I resti dell’antica Chiesa di San Giovanni furono incorporati in una nuova chiesetta, in seguito chiamata chiesa di San Agnese. Ancora oggi è possibile notare gli archi degli altari della vecchia chiesa di San Giovanni, sproporzionati rispetto al resto dell’attuale chiesa molto più modesta.

Chiesa di S. Agnese -Prospetto

Chiesa di S. Agnese - vista degli archi della vecchia chiesa di S. Giovanni

Chiesa di S. Agnese - Particolare degli archi della vecchia chiesa di S. Giovanni
                            
A seguito del terremoto del  1693, una parte della popolazione di Ragusa perlopiù legata alla parrocchia di S. Giovanni decise di ricostruire le proprie case nel luogo conosciuto come Piano del Carmine, fu deciso, inoltre, di piazzare una chiesa provvisoria in una piccola baracca. Secondo Emanuele Antoci nel suo libro “Il Barone Don Mario Leggio” la chiesa provvisoria di San Giovanni prese il posto di una chiesetta rurale chiamata Immacolatella e,  in memoria dell’Immacolatella, nel prospetto del grande tempio, fu posta la statua dell’Immacolata Concezione[5].

Prospetto - A sinistra: San Giovanni Battista. Al centro: Immacolata Concezione - A destra: San Giovanni Evangelista
 

Ottenuto il permesso dal Vicario di Siracusa di costruire una nuova chiesa di San Giovanni nel Piano del Carmine, nel 1694, su licenza del Grande Almirante di Castiglia e Signore di Ragusa i “Sangiovannari” costruirono la loro chiesa che divenne sede della Parrocchia di San Giovanni abbandonando la vecchia chiesa di Ibla. Nella nuova sede furono trasferiti le reliquie della vecchia chiesa di S. Giovanni di Ibla, in particolare la statua in pietra di San Giovanni Battista del 1513 scolpita da Angelo Recto e un reliquiario in argento contenente un osso di San Giovanni del XVII secolo
Nell’agosto del 1694 la nuova chiesa fu benedetta e vi si iniziò a svolgere le prime funzioni parrocchiali. Nel 1695 avvenne la divisione della città in due: Ragusa la Nuova che comprendeva il nuovo abitato e Ragusa la Vecchia che comprendeva una parte dell’attuale quartiere di Ibla. A seguito di tale divisione il Vescovo di Siracusa designò la chiesa di S. Giovanni “Matrice” di Ragusa Nuova e la chiesa di S. Giorgio “Matrice” di Ragusa Vecchia; con la clausola però che in caso di riunificazione delle due città, il titolo di “Matrice” ritornasse alla chiesa di  S. Giorgio[6]. La riunificazione avvenne nel 1703 per cui i parrocchiani di S. Giovanni persero nuovamente l’autonomia amministrativa ed ecclesiastica.  Nel 1714 con una Bolla di Papa Clemente XI (1700-1721) i Sangiovannari ottenero la separazione dalla chiesa di S. Giorgio, anche se bisogna aspettare il 1729 per vedere applicati gli effetti di tale separazione con la nomina di Don Francesco Guarino a parroco di S. Giovanni.
Con la dissoluzione del 1714, e sotto la spinta dell’antagonismo con i Sangiorgiari, prese forza l’idea di ampliare la chiesa di San Giovanni trasformandola in un tempio che ricordasse, anzi superasse l’antico splendore del tempio di San Giovanni di Ibla. Nel novmbre del 1718 il Vescovo di Siracusa nomina alla direzione dei lavori Felice Garofalo. I lavori hanno probabilmente inizio nel 1719, nel 1720, il sito, a fianco della chiesa costruita nel 1694, in forte pendenza, viene livellato, nel 1731 viene completato il campanile, nel 1760 viene costruito un nuovo campanile che rende però instabile la struttura costringendo a costruire dei contrafforti in pietra dallo spessore di circa tre metri alla base e modificando sensibilmente il prospetto originario. Nel frattempo prendeva forma la nuova chiesa di San Giorgio a Ibla, l’antica rivalità ed il ricordo dell’antica “inferiorità” spinsero i procuratori di San Giovanni a desiderare una chiesa ben più grande rispetto al disegno originario. Fu deciso di allargare il  prospetto della chiesa sino ad una larghezza di 44 metri. La chiesa avrebbe dovuto avere due campanili di 50 metri ed una grande cupola. Ma problemi economici spinsero a ridimensionare tale progetto. Nel 1773 terminarono i lavori esterni e nel 1778 dopo il completamento di alcuni lavori interni, la chiesa fu consacrata senza che fossero presenti la cupola e il secondo campanile.  La cerimonia di consacrazione durò due giorni (30 e 31 Maggio 1778) e fu presieduta dal Vescovo di Siracusa Monsignor Giovan Battista Alagona. Nel 1780 iniziarono i lavori della cupola  che fu terminata nel 1783. Il secondo campanile, nonostante i lavori iniziati nel 1832, non fu mai completato. Nel XIX secolo l’interno della chiesa fu abbellito da una serie di interventi decorativi e di ristrutturazione: rifacimento delle cappelle  delle navate laterali, inserimento del pavimento in pietra nera con intarsi di pietra bianca, inserimento del grande baldacchino in velluto rosso ricamato in oro.
Nel 1950, nasce la Diocesi di Ragusa, il primo Vescovo di Ragusa è l’Arcivescovo di Siracusa Mons. Ettore Baranzini e la Chiesa di San Giovanni diventa la Cattedrale della nuova Diocesi.

da lasiciliainrete.it

sabato 19 gennaio 2013

Palazzo Carafa di Roccella


Palazzo Carafa di Roccella
Collocato nel borgo di Chiaja, al di fuori delle mura cittadine (in corrispondenza dell'attuale via dei Mille), questo palazzo esisteva già nel Seicento, quando era poco più di una masseria di campagna. Nel 1667, proprietario ne era Francesco di Sangro, principe di San Severo, che lo donò come dote al proprio genero, Don Giuseppe Carafa; nel 1717, venne poi venduto alla famiglia di Vincenzo Maria Carafa, principe di Roccella. La moglie ne affidò la ristrutturazione all'architetto Vecchione -di scuola vanvitelliana-, che trasformò l'edificio e le sue dipendenze in un vero e proprio palazzo residenziale; i lavori durarono dal 1755 al 1765, e la facciata fu ridisegnata secondo criteri di simmetria intorno all'ingresso principale, affiancato da due costruzioni laterali destinate a botteghe; in quest'epoca, i Carafa lo utilizzavano come residenza di campagna, mentre loro residenza principale rimaneva quella nell'attuale via Benedetto Croce. Negli anni successivi fu completato il secondo piano e iniziato il terzo, ma l'assetto definitivo (tre piani con attico, atrio scoperto, giardino retrostante con patio) fu raggiunto solo sul finire dell' Ottocento. A quell'epoca, il palazzo -oltre quarantacinque stanze- era una residenza sfarzosa, arredata sontuosamente e ricca di dipinti di pregio.
Palazzo Roccella
Nel 1885 l'apertura di via dei Mille tagliò in due la tenuta, richiedendo l'abbattimento di alcuni locali e isolando gli edifici minori e le botteghe in affitto che si trovavano dall'altra parte della strada. In quegli anni la proprietà passò dagli eredi dei Carafa al barone Giuseppe Treves. Anche la maggior parte dei giardini furono sacrificati, intorno alla metà del '900, per lasciar posto alla crescente urbanizzazione di Chiaia. Negli anni '60 furono fortissime le pressioni per abbattere l'edificio e utilizzare l'area per l'ennesima speculazione edilizia; fortunatamente ciò non avvenne, anche se l'incuria e la razzia degli stucchi e degli altri elementi architettonici di pregio lo ridussero in stato d'abbandono.
Nel 1984 il Comune di Napoli ne acquisisce la proprietà, avviando qualche anno dopo una difficile, lunga e costosa opera di restauro, ostacolata per anni da pastoie burocratiche, ritardi nei finanziamenti, problemi statici e pratiche di esproprio dei negozi al pian terreno. Contemporaneamente, ne stabilisce la destinazione d'uso a Centro di Documentazione per le Arti Contemporanee.
Palazzo Roccella - L'ingresso su via dei Mille
Solo nel 2004 si conclude l'intervento di restauro conservativo e di adeguamento antisismico e funzionale della struttura, che diviene sede del PAN (Palazzo delle Arti di Napoli), inaugurato il 26 marzo 2005 e sede -nei suoi 6.000 metri quadrati- di esposizioni artistiche permanenti e temporanee, conferenze e incontri sulle tematiche dell'arte e della cultura contemporanea.


da www.danpiz.net

palazzo jung


Il Palazzo Jung è uno storico palazzo di Palermo.
Il palazzo, faceva parte di quella cortina edilizia che, a partire dalle fine del ‘700, aveva occupato l’area di risulta dell’antico fossato della città e si era assiepata a ridosso dei bastioni e delle mura cittadine ormai in disuso. Il Palazzo risponde nello stile e nella visione architettonica dello spazio alle esigenze imprenditoriali della nuova classe capitalista, alla quale si doveva il risveglio del commercio e della finanza siciliana.
Realizzato alle fine del ‘700, in un’epoca di forte espansione della città, ebbe nei baroni di Verbumcaudo i suoi primi proprietari che lo fecero costruire come simbolo di un’acquistata nobiltà. L’edificio, residenza privata fino agli inizi del Novecento quando in una cartolina dell’epoca lo si ritrova sotto il nome di Pensione Tersenghi. Il palazzo viene acquistato nel 1921 dalla famiglia Jung - ebrei di origine svizzera giunti in città nel XIX secolo per impiantare un’impresa di esportazione di frutta secca, essenze, agrumi e sommacco - che ne fa la propria residenza; rimane proprietaria dell’immobile fino al 1958.
Acquistato nel 1959 dall’Ente Provinciale per il Turismo, il palazzo è destinato a sede dell’Istituto Professionale Alberghiero di Stato - subisce, per esigenze di istituto professionale, pesanti trasformazioni - fino alla metà degli anni Ottanta, quando l’Istituto si trasferisce, determinandone il totale abbandono fino al 2000 quando la Provincia avvia lavori di restauro. Al di là del prospetto a tre ordini, con un portale con balcone decorato da colonne in pietra, si apre la corte da cui si domina il suggestivo giardino, anche questo restituito dalla Provincia alla fruizione del pubblico. La struttura ha forti richiami neoclassici, come molti edifici contemporanei della città di Palermo, che si notano soprattutto sul frontone d'ingresso con colonne sottili e nello stile dei balconi. Il palazzo si affaccia sulla via Lincoln, e si trova quasi di fronte all'Orto Botanico.


da wikipedia.org


palazzo cutò


 
Palazzo Aragona Cutò
Periodo di riferimento1712-1716
UbicazioneBagheria- Via Consolare nei pressi della stazione ferroviaria
CommittentePrincipe di Aragona Luigi Onofrio Naselli
AutoreArchitetto, frate Giuseppe Mariani
StileTardo Barocco
TipologiaPalazzo
Elementi caratterizzantiSalone a doppia rampa - cortile- alcova - altana - decorazioni e affreschi all'interno.
Personaggi (citazioni)Architetto tedesco Jakob Ignaz Hittorf- Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Itinerario tematicoBagheria e le sue Ville Barocche
SezioniBiblioteca "F. Scaduto"
Museo del Giocattolo
Museo Garibaldino
Sala conferenze
Sala concerti
Sale per mostre temporanee

Palazzo Aragona Cutò: prima prestigiosa dimora nobiliare, legata all’ostentazione e al potere, decaduto e disfatto, fu acquistato dal Comune di Bagheria nel 1987 e da allora ha inseguito un sogno, quello di acquisire una diversa e nobile destinazione perché duramente danneggiato nell’ultimo secolo. A cura del Comune di Bagheria e della locale Soprintendenza ai monumenti negli anni 1992 e 1993, il palazzo è stato in buona parte restaurato e consolidato, poiché, soprattutto, le coperture si trovavano in pessime condizioni e fu demolito un dedalo di venticinque ambienti che affollavano le sale perché devastate dagli ultimi proprietari e infine ulteriormente ferito perché adibito a istituto scolastico.
Il lavoro di restauro fu svolto con perizia da valenti professionisti e imprese che hanno restituito, in buona parte, al palazzo il suo progetto originale affinché ancora una volta questa splendida dimora passasse a nuova vita, destinandola all’arte e alla cultura.
Palazzo Aragona Cutò struttura polivalente, aperta al pubblico, si sta caratterizzando a divenire sempre più un punto essenziale per lo sviluppo culturale della città.
Palazzo Aragona Cutò ,oltre ad essere una prestigiosa dimora nobiliare per bellezza architettonica contribuisce a rendere più suggestiva la visita alle diverse sezioni in cui si articola :
la biblioteca , il museo garibaldino, il museo del giocattolo, la sala conferenze,sala di rappresentanza. la sala concertistica e le sale espositive per le mostre temporanee.
Se negli ultimi anni si è tentato di dimostrare di saper costruire un evento sul futuro di palazzo Aragona Cutò , tante sono ancora le opere da fare per dare al palazzo la dignità che merita quali:
  • recupero del percorso che conduce all’altana ancora inaccessibile;
  • recupero anche parziale del giardino pertinente al palazzo;
  • recupero del paesaggio togliendo le brutture, gli abusi edilizi e le strutture inquinanti;
  • recupero e adeguamento della piazza stazione e creazione di parcheggi;
  • recupero dei percorsi con le altre ville con un piano di apertura vera con il territorio;
  • realizzazione di una segnaletica che rilevi sui beni culturali, la proprietà, i divieti e gli obblighi a norma di legge.
Oggi c’è tanta incertezza sul suo futuro perché un contratto di comodato d’uso potrebbe destinarlo per trent’anni a sede di corsi di laurea di Arte, Musica e Spettacolo. Una scelta molto difficile che potrebbe privare la città, già povera di luoghi culturali, di quel punto di riferimento e di aggregazione.


da www.http://www.classicoscaduto.it/helianthus2mod2/cuto/aragona_cuto.htm  andate a visitarlo !!

Castello del Principe d'Aci


Il Castelletto del principe d'Aci è un edificio nobiliare di Palermo in stile neogotico situato all'esterno dei quattro mandamenti.
L'edificio venne costruito nel 1797 in una zona esterna alla città all'interno di una grossa azienda agricola su volontà di Giuseppe Reggio principe d'Aci. Inizialmente venne destinato a laboratorio per ricerche e sperimentazioni agricole. Nel 1820 il principe venne ucciso durante i moti rivoluzionari, l'edificio venne vandalizzato e si perse un sarcofago ellenistico custodito all'interno. L'edificio venne ricostruito tra il 1841 ed il 1857 da Gerolamo Lupo seguendo uno stile neogotico con finestre ad archi a sesto acuto, cime merlate e torrette appuntite. Al momento il castelletto è abbandonato.

da wikipedia.org


castello utveggio


Edificio in stile pseudo-siculo, costruito durante gli anni '30 destinato ad albergo. Sito sul Monte Pellegrino, gode di una spettacolare vista sulla città.Oggi è sede del Cerisdi: www.cerisdi.it ente regionale di formazione per dirigenti e quadri.

Testi seguenti dal sito del Cerisdi
STORIA
Il Castello Utveggio è ormai parte integrante e caratterizzante del "più bel promontorio del mondo" come Goethe definì Monte Pellegrino nel suo celebre "Viaggio in Italia".
Dal Primo Pizzo,a quota 346 metri, il Castello domina la città di Palermo e dalle sue finestre la vista spazia dalla Conca d'Oroai monti che la racchiudono, al Golfo che va da Capo Zafferano sino alla punta di Sferracavallo a, talvolta, , la sommità dell'Etna e le isole Eolie.
Il Castello nasce dall’idea del Cavaliere Michele Utveggio di costruire un grande albergo esclusivo. Il Grand Hotel Utveggio fu inaugurato nel 1934, ma non ebbe una grande fortuna– nonostante l’innovatività di una struttura ricettiva “completa”, dotata perfino di un sistema autonomo per l’approvvigionamento idrico.
L'intera struttura - l'edificio principale, la strada di accesso con il ponte, l'arredo esterno, i grandi serbatoi di acqua potabile, l'impianto di sollevamento, i magazzini e l'arredo esterno - fu realizzata in soli 5 anni dall’impresa "Utveggio e Collura", che a Palermo aveva già realizzato importanti opere di edilizia pubblica e privata, come Il Cine-teatro Utveggio di Piazza Massimo, lo Stadio della Favorita, etc..
Il Grand Hotel non ebbe alcuna fortuna, se non per pochissime stagioni. Già negli anni precedenti al secondo conflitto mondiale, la struttura cadde in declino e la situazione precipitò con la guerra:l'area del Primo Pizzo diventò sede della contraerea fascista prima, di quella tedesca poi, ed infine di quella americana. Il Castello, rimasto in stato di totale abbandono, divenne oggetto di saccheggio ed atti vandalici.
La Regione Siciliana, divenuta proprietaria per esproprio del complesso, ha avviato nel 1984 il recupero dell'edificio provvedendo a ripristinare gli arredi interni ed esterni, dotando la struttura delle più avanzate tecnologie informatiche e di comunicazione, e destinandolo ad una Scuola di Eccellenza, di alta formazione manageriale e di ricerca socio-economica: il CERISDI, Centro Ricerche e Studi Direzionali.
L'EDIFICIO
Il Castello Utveggio, gioiello del Liberty palermitano è collocato su un'area, compreso il parco circostante, di circa sette ettari e si sviluppa su tre piani come segue:
Piano terra Dalla Hall si accede alla Sala Convegni, che può accogliere più di 200 persone. Al piano terra si trovano anche altre sale e i locali di servizio, la sala ristorante e il bar. All'esterno il colonnato ed il belvedere da cui si può godere una delle più esclusive vedute del golfo di Palermo.
Al primo piano sono ubicate le aule didattiche ed i locali di supporto alla didattica: il centro dispone di due aule ad anfiteatro (rispettivamente 80 e 40 posti), un’aula attrezzata per la video-conferenza, due aule da 30 posti, l'aula Informatica, l'Emeroteca e la Biblioteca, dotata di oltre 6000 volumi e di postazione Internet. Sempre in questo piano trovano posto l’ufficio dell’amministrazione e il centro stampa.
Il secondo piano ospita gli uffici del CERISDI. Vi si trovano l'ufficio del Presidente, del Vicepresidente e del Direttore, la Sala Riunioni del Consiglio di Amministrazione, la Segreteria, l'Ufficio Legale e gli uffici dei responsabili delle diverse aree d'attività del Centro.
Al terzo piano si trovano 27 camere, perfettamente arredate in stile Liberty, per un totale di circa 50 posti letto. Riveste particolare importanza per il Centro la Suite dove è stato ospitato Sua Santità Giovanni Paolo II, in visita a Palermo nel 1995. In ricordo, da allora, la Suite è rimasta immutata. Per il gran pregio architettonico del Castello e per il panorama che dalle sue terrazze è possibile godere, il centro offre la disponibilità alla visita per turisti e visitatori che salgono su Monte Pellegrino.




da www.palermoweb.com

cefalù

Cefalù ricade all'interno del Parco Naturale delle Madonie ed è sempre stato, storicamente al centro dell'attenzione e dell'interesse di molti popoli del Mediterraneo, e non solo, grazie alla sua posizione geografica ed alla sua composizione morfologica. Dominata e protetta dalla presenza della "Rocca" - un promontorio alto circa 270 metri, sulla cui sommità sono i resti di un castello di origini bizantine e delle sue fortificazioni - conosce un periodo di particolare splendore con l'arrivo dei normanni (sec. XII). Specialmente con Ruggero II che, nel 1131, vi fa costruire una maestosa Basilica (oggi il duomo), caratterizzata da una inconsueta convivenza di stili e culture diverse (bizantina-araba-normanna). Parimenti alle opere d'arte e monumentali che rendono Cefalù una tra le più ricche città della Sicilia, le bellezze naturali che la caratterizzano non sono da meno. A partire dai fondali marini che qui abbondano di affascinanti esemplarii di flora e di fauna, fino ad arrivare alle colline che circondano la cittadina anch'esse abbondanti di vegetazione e suggestivi panorami. Le spiagge rappresentano il vero punto di forza di Cefalù con la sua sabbia bianca finissima, e ciotolini in alcuni tratti, e bagnate da un mare limpido e pulitissimo. Dal 2 al 10 agosto, in occasione del "Festino del SS. Salvatore", Cefalù si anima di cortei, fanfare, mercati, spettacoli, concerti e folclore. La vera Patrona di Cefalù è però l'Immacolata e viene festeggiata con solennità a Gibilmanna agli inizi di settembre. Sotto trovate alcune strutture turistico ricettive dove soggiornare a Cefalù, dove dormire, mangiare o divertirsi a Cefalù e dintorni in provincia di Palermo.









da www.abcsicilia.com

venerdì 18 gennaio 2013

L'Isola di Favignana


L'Isola di Favignana
L'Isola di Favignana è la principale delle Isole Egadi, si trova a circa 7 km dalla costa occidentale della Sicilia, tra Trapani e Marsala, di fronte alle Isole dello Stagnone, ed ha una superficie attorno ai 19 km quadrati. E' raggiungibile dal porto di Trapani, per chi si trova in Sicilia, con navi traghetto o aliscafi delle compagnie Siremar o Ustica Line, il prezzo di ogni corsa è di Euro 8,80 a persona (prezzi 2010 con aliscafo in 20 minuti con partenza circa ogni ora). Appena arrivate a Favignana trovate subito il centro abitato con numerose attività di noleggio bici, moto e auto. Personalmente vi consiglio di noleggiare una bicicletta e visitare tutta l'isola in bici, il costo è di Euro 5 per tutto il giorno. La costa di Favignana ha uno sviluppo di 33 km frastagliati e ricchi di cavità e grotte, con qualche angolino di spiaggia con sabbia bianca finissima. Il mare è davvero cristallino con acqua limpidissima e per gli amanti di escursioni subacquee qui i fondali sono davvero uno spettacolo. Panorami mozzafiato in tutto il perimetro dell'isola. Potete anche scegliere di visitare l'isola in barca, ci sono molti pescatori che si offrono di portarvi con la loro barca nelle cale più suggestive dell'isola e alcuni hanno nel programma anche il menù a base di pescato del giorno. Contrattate sempre il prezzo col pescatore. La Cala Rossa e la Cala Azzurra sono i punti più frequentati dai visitatori ma io ho trovato interessanti anche Bue Marino e Lido Burrone. Un ultimo consiglio, prima di partire dal centro abitato, per l'escursione dell'isola, fate provvista di acqua perchè non troverete negozi o bar in giro per l'isola (tranne alcuni punti come Lido Burrone).
Sotto trovate alcune strutture turistico-ricettive dove alloggiare, mangiare o divertirsi a Favignana nelle Isole Egadi in provincia di Trapani.







DA WWW.ABCSICILIA.COM