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giovedì 3 gennaio 2013

grotta del genovese

A Levanzo sono state scoperte varie grotte di epoca preistorica, ma la grotta di Cala del Genovese o del Genovese racchiude uno dei più straordinari complessi figurativi di arte rupestre preistorica. La sua scoperta fu sensazionale, perché per molto tempo si era ritenuto che la pittura parietale di epoca preistorica fosse limitata alla Francia e alla Spagna. Con i suoi graffiti e pitture è ora conosciuta in tutto il mondo. Vi sono rappresentate figure umane maschili e femminili, cervi, tori, vacche, asini, cani, maiali, delfini, tonni, e altri pesci. Alcuni di essi (tori, vacche, cinghiali, ecc.) sono animali sacri alla dea della fecondità. Lo sciamano preistorico preparava i riti di iniziazione sacrificando probabilmente gli stessi animali che venivano dipinti all'interno della grotta, che lui immaginava fosse il ventre della Grande madre della fertilità: ecco perché si può dire che il sito è una grotta -santuario. Anche il falò è un culto antichissimo collegato alla Madre Terra.La grotta fu scoperta la prima volta dall'esploratore R.Giglioli che, per un ancoraggio fortuito nel 1881, ne conobbe la solitaria bellezza; egli comunicò la scoperta alla redazione dell'archivio per l'Antropologia e l'Etnologia. L'importante scoperta non ebbe allora molta eco e, con il passare degli anni, tutto venne dimenticato. La grotta acquistò fama mondiale in anni più recenti, grazie alla riscoperta fatta dalla pittrice Francesca Minellono di Firenze nell'autunno del 1949. Trovandosi in vacanza a Levanzo in cerca di angoli suggestivi da dipingere, la signorina Minellono fu indirizzata da un pescatore alla grotta tutta dipinta, sconosciuta persino alla maggior parte degli abitanti dell'isola. Vedendola, la pittrice si rese conto del grande valore di quella scoperta e, tornata a Firenze, si rivolse al paletnologo Paolo Graziosi per segnalarvi la grotta. Presi accordi con la soprintendente per le antichità della Sicilia Occidentale, Jole Bovio Marconi, in poco tempo fu organizzata una spedizione di esperti, che esplorò la grotta denominata "grotta dei Cervi" per il numero elevato di graffiti che rappresentano questo animale.Le raffigurazioni si distinguono in due cicli artistici differenti per tecnica ed età. Il ciclo più recente è costituito da pitture in colore nero, riproducesti un centinaio di figure antropomorfe, zoomorfe e simboliche, databili ad epoca neo-eneolitica. Il secondo ciclo, costituito da raffigurazioni incise riproducenti 29 animali e 3 figure umane, è più antico essendo riferibile al Paleolitico superiore (10.000 a.C) Lo stile di queste incisioni è naturalistico; le figure degli animali, visti di profilo, consistono in bovidi, cervidi, ed equidi; tra questi ultimi appare anche l'equus hydruntinus, oggi estinto. La grotta, cui si accede attraverso uno stretto cunicolo, è lunga circa 35 m e larga 8,5 m. Essa è preceduta da un'antegrotta, ben illuminata dalla luce del giorno, che ha un'imboccatura di circa 8 m, una profondità di 12 m, e un'altezza di 14 m. Lo studio approfondito fece emergere che i graffiti sono del periodo Paleolitico, mentre le pitture sono del periodo neolitico. Lo scavo effettuato dal prof. Paolo Graziosi nel 1953 nell'antegrotta fece emergere un frammento di osso di foca, un molare di elefante, un frammento di mandibola di iena, e numerosi resti di pasto. La grotta del Genovese è situata nel terreno di proprietà di Castiglione Natale, che ne è l'attuale custode. Il gruppo di ricercatori si spostò poi nell'isola di Favignana per altre esplorazioni e, in alcune grotte di San Nicola, furono trovati graffiti del periodo neolitico.

     

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