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giovedì 13 dicembre 2012

castellaccio di Lentini


Il Castellaccio di Lentini possiede la forma di una rupe calcarea dalla sommità piatta, posta al centro di un sistema fortificato che comprende a nord-ovest il colle Tirone e a sud-est il colle Lastrichello. Due profondi fossati dividono la fortezza dalle due alture. L'isolamento si accentua a nord e a sud, dove mura a strapiombo isolano l'intero complesso dalla Valle del Crocifisso (a settentrione) e dalla Valle di S. Mauro (a meridione).
Il fronte meridionale del Castellaccio digrada verso la Valle S. Mauro con un andamento a scarpa. I tre rimanenti lati mostrano un maggiore intervento dell'opera umana. Il fronte settentrionale si getta a strapiombo verso la Valle del Crocifisso, con una parete pesantemente scalpellata e coronata, sulla sommità, dall'addossamento di conci calcarei, formanti la base di un'opera muraria. L'angolo nord-ovest si distingue per la presenza di una evidente rientranza, probabilmente ricavata per una precisa ragione difensiva. Si giunge così ai lati di oriente e occidente: questi due lati si distinguono grandemente per la presenza di due profondi fossati, tagliati nella rupe. La prima possiede una lunghezza di circa 70 metri e una profondità di 10/15 metri.
Essa divide il Castellaccio dal Colle Tirone. Il secondo fossato, che separa la fortezza dal Lastrichello, nella porzione nord misura circa 30 m. in lunghezza, mentre la porzione sud si allarga verso la valle S. Mauro a dismisura. Entrambi i fossati possiedono una ulteriore caratteristica, presentano due istmi, tagliati nella roccia e che un tempo dovevano rendere possibili le comunicazioni dall'interno della fortezza verso l'esterno e viceversa. L'istmo che congiunge al Tirone ha una lunghezza di m. 20 e una larghezza di m. 4 e presenta lungo la porzione mediana un taglio trasversale di m. 5,80, sul quale doveva innestarsi un ponte levatoio. L'istmo che collega al Lastrichello, possiede una lunghezza simile al primo, ma non offre alcun tipo di taglio trasversale.
Il fronte occidentale del Castellaccio si affaccia sul fossato del Tirone; quivi non esistono ulteriori opere di difesa, poiché l'intera rupe è stata intagliata, tanto da formare essa stessa un baluardo contro un ipotetico assalitore. La parete rocciosa qui raggiunge un'altezza di circa 20 metri e si distingue, inoltre, per l'ulteriore presenza di tre grandi tagli strombati, operati ad eguale distanza. Questi tagli hanno le loro bocche in corrispondenza della cortina muraria ovest (quasi del tutto scomparsa) e possiedono una profondità e una larghezza di circa un metro. Le loro proporzoni aumentano man mano che procedono verso il basso, fino a formare grandiosi cunei, che donano alla parete un curioso effetto decorativo. Si tratta, presumibilmente, di ampie caditoie, utili agli assediati per lanciare massi o liquidi roventi contro possibili assedianti, tanto arditi da tentare l'ascesa alla fortezza da questo versante.
Sempre lungo il fronte occidentale, circa a 5 metri dal margine della rupe, si conservano le tracce di un altro grande muro, la cui lunghezza complessiva è di oltre 30 metri, con una interruzione mediana, interpretabile come un ingresso. Lo spessore di questo muro raggiunge i 2,40 metri, mancante però del rivestimento di conci calcarei squadrati, forse spoliati, insieme con il quale avrebbe presumibilmente raggiunto i 2,60 metri, spessore canonico delle fabbriche sveve a carattere militare. Questa opera muraria potrebbe relazionarsi ad una delle tre torri, citate nella lettera a Riccardo da Lentini, quale ad esempio la torre ottagona, ricordata dall'abate Vito Amico.
Il fronte settentrionale non si presenta egualmente conservato. Qui, in più punti, la parete rocciosa ha subito frane, anche di notevole entità, che ne hanno pregiudicato l'altezza e il taglio verticale, che si preserva, come in precedenza è stato detto, solo nell'angolo nord-ovest. In tale punto si conservano tracce della cortina muraria, composta, anche in questo caso, da conci squadrati, allineati in compatte assise (sei in tutto), che riprendono la verticalità artificiale della parete rocciosa. Il medesimo muro, osservato dal fronte interno, si presenta caratterizzato da due feritoie sovrapposte e conservato per quattro assise di grossi blocchi squadrati, per un'altezza complessiva di 1,85 metri. Solo in tempi recenti, sul limitare nord del Castellaccio è stata individuata una struttura semicircolare, interpretata come l'abside di un edificio sacro, presumibilmente la cappella citata nel documento angioino del 1273. Di essa si conservano solo poche assise a vista e necessiterebbe di un'azione di attento sterramento per comprendere meglio i lineamenti della struttura.
Press'a poco al centro del piccolo pianoro esiste l'ingresso per il sotterraneo del castello, solo in tempi alquanto recenti dissotterrato e restaurato. Il sotterraneo presenta una scala di accesso, coperta da volta a botte, innestata al centro del lato orientale, un orientamento nord-sud e misure di 16,72 x 5,58 metri. Non è dato sapere se la stanza ipogea è stata ricavata dal taglio della roccia: il rivestimento in muratura, infatti, non consente di confermare o smentire tale ipotesi. I lati lunghi della struttura si dividono in cinque porzioni, ciascuna aventi una larghezza di 3 metri, per la presenza di quattro semipilastri, solcanti la volta e svolgenti una funzione quasi del tutto decorativa. Non è, infatti, possibile interpretare tali semipilastri alla maniera di costoloni, poiché non possiedono una funzione architettonica di sostegno. Essi, inoltre, hanno subito di recente un intervento di restauro (chiaramente esteso a tutto il sotterraneo) che ha ricostruito il loro percorso fino al culmine della volta, poiché in precedenza essi si conservavano solo sino all'altezza del piedidritto.
Ancora, i semipilastri si impostano su di un banchinamento perimetrale, similmente a quanto si può osservare al Castel Maniace ed alla Basilica del Murgo, e misurano, sino alla linea di imposa della volta, in altezza 2,87 metri. Le pareti si compongono di 9 assise di conci, legati da malta cementizia, ben squadrati e con misura massima di 0,45 x 0,70 metri. Simile struttura presenta la volta, con leggera ogiva, costituita da conci squadrati della misura media di m. 0,30 per 0,65. La camera sotterranea presenta, inoltre, i resti di un efficace sistema di areazione, composto, per ciascuna delle cinque sezioni, da una lunga feritoia centrale strombata, più altre laterali di minori dimensioni, per un totale di 16 caditoie. Bisogna segnalare, anche in questo caso, la presenza di marchi dei lapicidi in quei conci della muratura del sotterraneo non ancora troppo corrosi.
E' possibile che questo ambiente ipogeo fosse collegato, attraverso camminamenti segreti, ad alcune grotte che si trovano alla base del Castellaccio: la più famosa fra tante è la "Caverna delle Palle", che si innesta all'interno della rupe per oltre 30 metri, mantenendo una larghezza media di 3,40 metri. All'estremità di questo ambulacro si dipartono altre diramazioni secondarie, le quali non paiono del tutto esplorate. Inoltre la copertura dell'antro principale offre la presenza di un buco occluso, che facilmente potrebbe condurre alla monumentale camera ipogea. Infine rimane la problematica legata all'approvvigionamento idrico: esso è un difetto posto in evidenza anche da alcune fonti.
Certamente all'interno del recinto fortificato dovevano esistere più cisterne, a servizio della popolazione del castello. Due invasi esistono tutt'ora, per quanto interrati, uno limitrofo al vano sotterraneo, l'altro prossimo al muro settentrionale. Pare, comunque, che le due cisterne siano poco profonde e insufficienti per l'intera fortezza. Doveva esservi qualche altro invaso, certamente più capiente; purtroppo lo sconvolgimento e l'interramento generale delle strutture non consente ulteriori ricerche, almeno per il momento.
La prima volta che visitammo il Castellaccio era il 2004, la zona archeologica versava in un completo stato di abbandono: piante infestanti, spazzatura, staccionate divelte e muri pericolanti. L'incuria del tempo e soprattuto dell'uomo completavano poi lo sfacelo di uno dei castelli più affascinanti e misteriosi di Sicilia. Dalla nostra ultima visita (peraltro sempre caratterizzata dalla chiusura dell'area archeologica) abbiamo potuto constatare che l'area archeologica è stata soggetta ad alcuni lavori di restauro e di consolidamento.

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